L’IMMAGINAZIONE COME RISORSA DI SVILUPPO DEI LUOGHI: DIVULGAZIONI DA PALAZZO VENEZIA
L’apprendimento circolare sulla piazza che non t’aspetti
“Immagina, immagina se la pelle delle nostre città non dovesse più esser fatta d’asfalto e cemento. Immagina nuovi materiali, non più rigidi, non più impermeabili, capaci di rendere le città depavimentate, porose, riforestate, in grado di abbassare le temperature, immagina di lavorarci già ora per luglio 2023 senza prendersela comoda con l’alibi del 2030. Immagina se…“: quelle che sembrano aspirazioni fantasiose sono in realtà già grandi sfide con cui Elena Granata, docente di urbanistica al Politecnico di Milano nonchè Vice Presidente della Scuola di Economia Civile, ha sollecitato l’interesse di un pubblico eterogeneo e partecipativo accorso a Palazzo Venezia, nella Sala del Refettorio, per dialogare sul tema “L’immaginazione come risorsa per lo sviluppo dei luoghi”. L’iniziativa rientra nell’ambito del ciclo di conferenze “Energie visive, tra corpi e spazi museali” a cura di Orazio Carpenzano, Preside della Facoltà di Architettura dell’Università La Sapienza, parte della rassegna “Al centro di Roma” fortemente voluta da Edith Gabrielli, Direttrice di VIVE, Vittoriano e Palazzo Venezia, Istituto ad autonomia speciale del Ministero della Cultura che fonda tutto il suo operato, tra promozione e gestione museale, organizzazione di eventi espositivi ed iniziative di educazione alla cittadinanza attiva, su una copiosa attività di ricerca e studi scientifici.


“L’immaginazione – esordisce la Prof.sa Granata – non gode di buona fama nel nostro paese. E’ concepita nella prima infanzia, quando ai bambini viene concesso di essere immaginifici, fuori dalle righe. Poi si tende a considerarla un’energia da domare affinchè non diventi esuberanza. Se ci liberiamo invece di questa concezione un po’ naif, che vede l’immaginazione come mera libera creatività, libero pensiero, capiremmo come essa nasca invece dalla consapevolezza che lo stato dell’arte delle cose non è stato d’emergenza e in quanto tale si può cambiare e siamo tutti e tutte titolate a farlo”. L’immaginazione a cui fa riferimento la Prof.sa Granata è quella che nasce dal bisogno di persone ed ambienti, così per farci un’idea di come essa si inserisca in maniera trainante nei processi di cambiamento di luoghi, interazioni socioculturali ed economie, arruolando le più diverse discipline e inserendosi fluidamente nella grammatica della progettazione architettonica e della pianificazione urbanistica, la Granata ci racconta di diverse soluzioni poetiche, politiche e… paraboliche a questioni concrete di impatto immenso sull’ambiente e sulla vita delle persone.
In Danimarca ad esempio i giardini inondabili sono una realtà, si trovano a Kokkedal sede municipale del comune di Fredensborg e sono stati concepiti per stoccare le acque piovane da riutilizzare nei periodi di siccità, così come, la città di Rotterdam, in Olanda, sta riuscendo, nei fatti, a mettere in discussione l’asfalto andando verso la depavimentazione con le sue piazze d’acqua e i suoi quartieri galleggianti. “Immagina se…”
Vien da sè come in tali contesti per i cittadini e le cittadine il climate change diventa così tutt’altro che uno slogan, ma una realtà/obbiettivo con cui interagire tutti i giorni sulle superfici della quotidiana esistenza e non i luoghi deputati. Il fatto che bambini e bambine, ma anche adolescenti ed adulti possano giocare e intrattenersi con l’acqua dei giardini sapendo che sarà immagazzinata per le necessità di cui sopra, è la forma più diretta ed efficace d’introiezione di quell’educazione civica che spesso annoia sui libri di scuola.


Ma veniamo all’Italia: a Viganella, ex comune italiano tra le montagne piemontesi, sarà l’immaginazione dell’allora Sindaco, il visionario Franco Midali con l’ausilio dell’Arch. Giacomo Bonzani, a riuscire dopo anni di ricerca a trovare la soluzione per il buio del paese, perennemente oscurato dalla particolare collocazione tra i versanti rocciosi: e luce fù grazie al riflesso dei raggi solari su uno specchio rotante di 40 mq, per un peso di 11 tonnellate, opportunamente collocato tra le pendici montuose. “Immagina sè…”
A Napoli, nel Rione Sanità, il Parroco uscente Antonio Loffredo insieme alla cooperativa La Paranza, ha strategicamente dato vita ad un sistema d’impresa sociale per impiegare professionalmente i ragazzi e le ragazze residenti nel quartiere. Come? Osservando, guardandosi intorno e soffermandosi sul suolo o meglio sul sottosuolo, le catacombe di Napoli, un tesoro che oggi valorizzato, concorre a riscrivere il presente e il futuro del territorio. Un’operazione che, come le precedenti, si radica profondamente nei luoghi, inserendosi nella fattispecie in un più ampio disegno di contrasto alla criminalità organizzata e all’abbandono scolastico.
Non è un caso che tra gli esempi portati al pubblico l’input immaginifico poi rivelatosi risolutivo, sia arrivato da figure e professionalità disparate, spesso diverse da quelle dell’architetto o dell’urbanista, sindaci, parroci, artisti, in grado di plasmare i luoghi, soggetti che la Granata definisce “PLACEMAKER” gli inventori dei luoghi che abiteremo, che è anche il titolo del suo libro/manifesto edito da Einaudi. La scelta narrativa della Professoressa Granata, anche in sede di conferenza: “Nasce proprio dalla funzione che le storie hanno di sedimentarsi nella nostra memoria, nei meandri di quell’organo del nostro cervello, chiamato ippotalamo, deputato tanto alla conservazione quanto alla capacità di proiettarsi nel futuro“.
La concretezza e il focus sul bisogno, portano la docente ad esprimersi in maniera inaspettatamente critica rispetto ai famosi Goal dell’Agenda 2030, non certo perchè di poco conto, ma in quanto possono, a suo avviso, rappresentare degli alibi per rimandare soluzioni, mentre è adesso il tempo di agire di pianificare già per quel famoso luglio 2023 citato in apertura perché certa che: “Atti radicalmente immaginativi possono portarci fuori dalla crisi energetica”, il che detto da un’urbanista, la dice lunga sui limiti della vulgata classica che vede il lavoro di un/una tale professionista confinato solo tra numeri e norme.
E così, immaginando di riuscire a “liberare la terra dal sigillo del catrame”, Orazio Carpenzano e Edith Gabrielli ci rimandano ai prossimi appuntamenti in questo ambiente d’apprendimento circolare che si sta creando a ridosso di Piazza Venezia, difficilmente percepita come piazza d’incontro se non a fini turistici, con una programmazione gratuita (su prenotazione) che spazia dalla musica, alla storia, dall’architettura all’arte.