LA VITA DI CHI ABITA ALLA FOCE DEL TEVERE, RACCONTATA COME MAI NESSUNO AVEVA FATTO PRIMA

Speriamo presto in uscita nelle sale

Vince al Festival del Cinema di Roma nella sezione indipendente e parallela di Alice nella Città, vince il premio più importante di Visions du Réel, l’autorevole Festival del Documentario in Svizzera, vince la miglior regia al Festival di Annecy Cinéma Italien in Francia, vince al Festival del Cinema Italiano a Madrid, vince insieme ad un’intera comunità: è Punta Sacra” docufilm di Francesca Mazzoleni che porta sullo schermo il volto inedito degli abitanti dell’Idroscalo di Ostia iniziando a sgretolare con naturalezza il pregiudizio costruito in anni di narrazioni a senso unico.

E no, non aspettatevi scene da Suburra o Romanzo Criminale perché lì, nel lembo di terra finale della città di Roma, la sua punta sacra, in quello sterro lasciato vuoto da idrovolanti e aerei anfibi della prima guerra mondiale, ci sono cresciuti e ci vivono Beatrice, Christian, Silvia, Assunta, Giulia e… sono solo alcuni degli adolescenti di cui conosceremo sogni, bisogni, contrasti e candide confidenze, nell’intimità focolare delle abitazioni autocostruite da nonni e genitori in questo luogo, Sud America romano, da ben sessant’anni sotto la minaccia delle mareggiate… e degli sgomberi: “Guardare al territorio attraverso gli occhi dei giovani è stata sicuramente una scelta di campo, il documentario non esaurisce certo la complessità, le voci o le storie delle 500 famiglie dell’Idroscalo – racconta la regista, Francesca Mazzoleniil mio desiderio è che emerga proprio come l’adolescenza qui non sia poi così distante da quella di chi vive in altre zone di Roma, anzi è una gioventù che, seppur immersa nella contemporaneità con tutti gli strumenti e le icone del caso, gli smartphone, le stories di Instagram, vanta comunque una semplicità, una purezza che io per prima invidio. Anche nella risoluzione dei conflitti rappresentati, non c’è mai aggressività, c’è un livello di solidarietà altissima tra adulti e ancor più tra adolescenti e in tal senso mi auguro che questo lavoro possa risultare educativo per le nuove generazioni che lo vedranno”.

All’Idroscalo non ci capiti per caso, è un margine reale, spicchio di terra aperto solo al mare dal fascino indiscusso, lo sanno bene le troupe cinematografiche che quasi quotidianamente attraversano l’area. La stessa regista ha conosciuto il luogo durante le riprese di un cortometraggio, da allora osserverà il territorio per anni e si conquisterà la fiducia delle famiglie, tanto da entrare con le telecamere nell’intimità del loro quotidiano senza scalfirne in alcun modo l’autenticità. Punta Sacra arriva dritto al cuore, bypassando ogni sovrastruttura intellettuale: al centro la sacralità della vita umana, la bellezza delle relazioni e degli ideali, non il mattone di cui è fatta la casa. Il disagio c’è e si evince, la dignità anche: “Quello che mi colpisce e a cui vorrei si prestasse ascolto, è che la gran parte delle ragazze e dei ragazzi dell’Idroscalo, che comunque frequentano Ostia, dove studiano presso scuole o Istituti Professionali, vogliono restare nel luogo in cui vivono e questo è un dato che va ascoltato e che deve far riflettere. E’ qui che loro proiettano il proprio futuro”.  

In foto Franca Vannini con la nipotina Stefania Fontana

Il film parte proprio dal racconto dei primi sgomberi avvenuti nel 2010 “Da allora – continua Francesca – di giunta in giunta, di politico in politico, il piano generale intorno all’idroscalo non è mai cambiato di molto. C’è sempre questa voglia di raccontare di poveri nullatenenti o di pericolosi criminali che vanno aiutati…portandoli altrove. In verità davanti alle case abbattute ora c’è rimasto solo un grande vuoto e le persone sradicate dalle loro case sono in emergenza abitativa, appese, vivono nei residence senza nemmeno poter ricevere visite. Il dislocamento e la disgregazione dalla comunità d’appartenenza non ha prodotto nulla di buono per nessuno”. Con il vento che scompiglia i capelli, quel senso costante di salsedine alle narici e il controcanto del mare che si insinua tra le sonorità create ad hoc da Lorenzo Tomio (miglior colonna sonora per il RollingStone) e i brani originali di Chiky Realeza, resident rapper dell’Idroscalo, Punta Sacra sfoglia, in una video composizione in capitoli, paragrafi di vite personali, scopre ferite, rivela memorie e dà voce al canto, che è anche preghiera, di una comunità piuttosto matriarcale dove le donne, come quelle della famiglia Vannini, sono in testa tanto alle lotte più importanti, in primis quella per il diritto all’abitare, quanto all’organizzazione di momenti di condivisione come le tante feste che si tengono all’Idroscalo.

In foto: Francesca Mazzoleni (regista) e Silvia Fontana

E diciamoci la verità, non ce lo saremmo mai aspettati perché non osiamo avvicinarci laddove, ad un disagio evidente, si unisce il meccanismo narrativo omologante, che equipara l’identità di migliaia di persone alle stesse condizioni di “mancanza” che si trovano ad affrontare o riducendola a circoscritti episodi di criminalità. Con l’attenzione a ragionare in maniera diversa, operando un distinguo tra l’abusivismo di necessità e l’abusivismo speculativo, che fa sempre meno rumore nonostante interi porti sotto sequestro su entrambe le sponde della foce, da circa 10 anni la comunità, aiutata anche da una serie di studiosi e ricercatori, sta cercando di promuovere un dialogo diverso di cui il film Punta Sacra diventa emblema: “Ci auguriamo che la zona dopo più di 60 anni riceva un condono come avvenuto in altre borgate nate allo stesso modo e che l’aiuto arrivi semplicemente dando la dignità per rimanere, mettendo in sicurezza le abitazioni e migliorando un luogo che risulterebbe sicuramente più bello con i suoi abitanti dentro. Loro vorrebbero diventasse un vero borghetto di pescatori, piuttosto che un parchetto senza persone, che porterebbe ad un degrado maggiore di quello che già c’è – prosegue determinata Francesca Mazzoleni – il mio è un documentario d’osservazione, non nasce come atto politico ma con la voglia di sensibilizzare come l’arte sa fare. E’ chiaro che mi sento coinvolta, partecipe, dunque per me non finisce tutto con il film, voglio contribuire a cambiare il pregiudizio sulla zona, vorrei che ci fosse un effetto, una partecipazione e un interesse a tutto questo da parte delle persone, degli artisti, e della politica”.

In foto: Silvia Fontana, Emanuele Pasquet (Dir. Fotografia), Francesca Mazzoleni e Giulia Eleuteri Barsanti

Prodotto e distribuito in Italia da Morel Film (co-prodotto da Patroclo film) e all’estero da True Colors, il docufilm continua il suo tour promozionale nell’etere con tappe che speriamo possano diventare il prima possibile fisiche e che saranno occasione per conoscere più da vicino anche quei personaggi (reali in realtà), che nei 96 minuti di montato a cura di Elisabetta Abrami, sono stati accennati e che meriterebbero il tempo di una Docuserie (idea paventata in origine dalla regista), come Lele il poeta o lo stesso Don Fabio, il quale, insieme alla sua comunità, sta ponendo le basi per l’apertura alle arti e a quanti vorranno veramente conoscere l’Idroscalo: “Nella casetta adiacente la Chiesa, partiranno una serie di corsi di rieducazione per i ragazzi e le ragazze, come quelli di ceramica, di teatro e rinascerà la radio del territorio, nota come Radio Idrosqualo che cambierà nome e programmazione ed avrà ospiti da ogni dove. Nei tre mesi di riprese il documentario stesso è stato un laboratorio, durante le pause spiegavamo il funzionamento delle telecamere, del suono e ovviamente la fotografia, sotto la guida di Emanuele Pasquet”, conclude Francesca, mostrando come, piantando buone cause, il raccolto arrivi gia’ mentre si semina.

Fiore di Loto, in mezzo al degrado, il mio talento mi spingerà fuori da quello che vivo qui hermano, porto tutta la gente con me, sopra il palmo della mia mano, con lo controcorrente por siempre, arriveremo lontano”. (Dal brano M.A.D.R.E.S. di Chiky Realeza).

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